FONTE: WIRED
L’Italia è il primo paese al mondo per numero di persone che bevono acqua in bottiglia, consumando così enormi quantità di plastica, ma non ci sono giustificazioni. La rete idrica italiana è sicura e controllata: l’84,8% dell’acqua potabile proviene da fonti sotterranee (+20 punti percentuali rispetto alla media europea), naturalmente protette e di qualità e che richiedono limitati processi di trattamento. Eppure solo il 29,3% dei cittadini italiani beve abitualmente acqua del rubinetto. Con 223 litri di acqua in bottiglia pro capite all’anno ne consumiamo più di due volte la media europea (87 litri pro capite annui). L’Italia è ultima in Unione europea per contributo all’obiettivo di sviluppo sostenibile numero 12 delle Nazioni unite, che consiste nel garantire modelli di consumo di acqua sostenibili. La ragione di questo paradosso è la semplice ignoranza, secondo il libro bianco Il valore dell’acqua per l’Italia 2022 di European House Ambrosetti: “Si sconta una carenza informativa sulle fasi della filiera estesa dell’acqua, che deve essere colmata per assicurare un monitoraggio costante di tutti i fenomeni che impattano sul comparto”. Eppure neanche con l’approvazione del decreto Acque, che recepisce la direttiva europea che chiede di promuovere l’uso della risorsa del rubinetto, il governo ha previsto per i ristoratori l’obbligo di offrire gratuitamente l’acqua potabile, come invece fanno altri Paesi europei.
Cosa c’è dietro l’acqua del rubinetto?
I motivi della scarsa fiducia variano a seconda dell’area geografica del Paese e sono riconducibili ad abitudini di consumo consolidate, alla percezione di insicurezza e controllo insufficiente, o alle caratteristiche di gusto e digeribilità. La percezione di scarsa sicurezza dell’acqua del rubinetto risulta il primo motivo per il 33,9% dei cittadini del Centro e per il 41,3% di quelli del Sud e Isole. Non si fida dell’igiene dell’autoclave della propria abitazione e/o condominio il 39,0% dei cittadini del Mezzogiorno. Per i cittadini del Nord, il 1° motivo per non bere l’acqua del rubinetto è riconducibile al sapore (45,3% al Nord-Ovest e 50,0% al Nord-Est). Infine, è interessante notare come il 26,1% dei cittadini nel Nord-Ovest bevano l’acqua in bottiglia per abitudine, “sottolineando, ancora una volta – afferma il libro bianco di European House Ambrosetti – l’importanza di agire sulla cultura e sulla consapevolezza dei cittadini”. I ricercatori hanno anche fatto l’identikit di “chi beve acqua del rubinetto in Italia” scoprendo che quasi il 50% ha un titolo universitario.
I mancati obblighi al ristorante
Il 23 febbraio è stato pubblicato in gazzetta ufficiale il decreto legislativo 18 attuativo della direttiva europea sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, che entra in vigore il 21 marzo. La normativa oltre a disciplinare i controlli sulla qualità dell’acqua potabile chiede che ne sia migliorato l’accesso e che venga promosso l’uso di quella del rubinetto. In particolare all’articolo 17 stabilisce che “le regioni e province autonome adottano le misure necessarie per migliorare l’accesso di tutti alle acque destinate al consumo umano, in particolare assicurandone l’accesso ai gruppi vulnerabili ed emarginati, migliorandone l’accesso per chi già ne beneficia e promuovendo l’uso di acque di rubinetto”. Tuttavia nel decreto con cui il governo attua la direttiva non è previsto alcun obbligo per i ristoratori a offrirla gratuitamente, nella classica brocca, come invece avviene in altri Paesi europei, come la Francia e la Spagna.
Se si guarda ai documenti che hanno portato all’approvazione del decreto Acque, salta agli occhi quanto scritto nel parere della conferenza Stato-Regioni, in cui i presidenti delle Regioni e delle Provincie autonome chiedono che “i costi legati alla bolletta dell’acqua, al servizio di lavaggio e disinfestazione delle stoviglie, bicchieri, caraffe etc” non dovrebbero essere posti a carico dei ristoratori. Si tratta invece di un obbligo non più rimandabile per Greenpeace, che sottolinea come in Francia e Spagna invece questo obbligo esista. “La Francia ha vietato gran parte dei prodotti monouso – sottolinea Giuseppe Ungherese, coordinatore della campagna sulla plastica dell’organizzazione ambientalista – anche in Germania c’è un provvedimento che obbliga gli esercenti che occupano oltre una certa superficie, a mettere a disposizione alternative lavabili e riutilizzabili al monouso in plastica. Offrire gratuitamente acqua del rubinetto è una pratica di buon senso da rendere obbligatoria a maggior ragione in Italia, dove siamo ai vertici per consumo imballaggi plastica, che non sempre si ricicla. Parliamo di sostenibilità ma se la politica non prende provvedimenti, permangono comportamenti che vanno a vantaggio di pochi a scapito della collettività”